Storia: Settant’anni fa cadeva il
Fascismo
Parte sesta e ultima: 1. Lo sbarco in Sicilia. Nella notte fra il 9
e il 10 luglio 1943 gli Alleati sbarcarono in Sicilia (Operazione Husky). Ci fu
una resistenza molto inferiore alle attese. Di fatto l’esercito italiano si
sfaldò soprattutto a causa di un comando farraginoso, da semplice parata. Specie
Supermarina si distinse per inefficienza. I tedeschi soli opposero una difesa
ordinata e convinta, ma non certo ostinata. Essi si resero conto
definitivamente di due cose: che gli italiani erano inaffidabili e che gli
Alleati erano ben organizzati e determinati. Per questo diedero la Sicilia per persa e
organizzarono una impeccabile ritirata sul continente. E’ nota la leggenda per
cui la Mafia
diede un aiuto significativo agli Alleati: nella realtà, i mafiosi si
inserirono da subito nella confusione e ne profittarono per ottenere vantaggi.
Non dimentichiamo che la Mafia
siciliana era stata ridimensionata da Mussolini attraverso il durissimo operato
del prefetto Mori (che per un lustro ebbe pieni poteri nell’isola e li usò
disinvoltamente, sovente in modo crudele): la Mafia attraversò l’oceano e andò a infettare gli
USA. Con la conquista alleata della Sicilia, il fenomeno mafioso ritornò ai
vecchi fasti. Il 17 agosto tutto era finito e gli Alleati si apprestarono
all’invasione dell’Italia intera. Il 3 settembre iniziavano l’operazione
Baytown per la conquista della Calabria. Il disastro italiano è provato dal
numero dei prigionieri fatti dagli Alleati, oltre 116mila su 195mila soldati
circa. In totale, tedeschi e italiani, erano circa 260mila, gli avversari il
doppio, ma i primi erano avvantaggiati dalla posizione difensiva, per quanto
gli invasori fossero meglio armati. La difesa mancò negli italiani, l’esercito
finì allo sbando e tutto questo dimostrò la sconfitta del sistema fascista: la
perdita della Sicilia, in quel modo, mise in chiaro il bluff mussoliniano.
2. L’ordine del giorno Grandi. Lo
sbarco alleato sul suolo nazionale, provocò una incontenibile reazione di
sgomento che si concretizzò con la stesura dell’”ordine del giorno Grandi”: si
dovevano ridare le priorità al re così che sarebbe stato possibile fare cadere
legalmente Mussolini. Non c’era l’idea di far cadere anche il Fascismo, tanto è
vero che lo stesso Dino Grandi (uomo peraltro capace) nutriva ambizioni di
successione. Invece, il 24 luglio, con 19 voti a favore, 8 contrari e 1
astensione, Vittorio Emanuele III ottenne il via a un colpo di stato che si
realizzò con l’arresto di Mussolini dopo che era stato invitato a Villa Savoia
per un’analisi della situazione. L’esito fu una farsa: il duce fu caricato su
un’ambulanza e fatto sparire in tutta fretta per evitare, si disse, l’ira della
folla per l’esito della guerra. Era il 25 aprile 1943: alle ore 22,45 la radio
annunciò che il re aveva accettato le dimissioni di Mussolini e incaricato capo
del governo il maresciallo Pietro Badoglio. Di fatto, il re instaurava un
governo militare sotto l’egida monarchica. Il fascismo cadeva senza colpo
ferire: un unicum nella storia: la conclusione grottesca di un regime
grottesco. Poco dopo, l’8 settembre, veniva firmato l’armistizio di Cassibile:
l’Italia rinunciava alla guerra. Nella realtà, seguiranno quasi due anni
tremendi, durante i quali si vedranno i tedeschi opporsi agli Alleati, con non
pochi successi ed anche con non poche
brutalità nei confronti della popolazione italiana inerme. Si vedrà la
costituzione della Repubblica di Salò (una creazione tedesca con a capo un
Mussolini sostanzialmente senza poteri) e la disordinata ma efficace resistenza
partigiana per l’avvento di un’Italia che è ancora nei sogni. (Sergio Giardinella)
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